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Un posto per la buona stagione

5 maggio. Data poetica.

In questo pomeriggio umbro da Umbrò presentiamo Un posto per la buona stagione, di Sergio Pasquandrea (Qudu Edizioni), raccolta vincitrice del XVI Premio Teglio Poesia.       Ci sono l’autore, gli editori di Qudu Patrizia Dughero e Simone Cuva, e io.

Molti ragazzi tra il pubblico ad ascoltare. Il seme della poesia è presente.

Vi racconto alcune riflessioni poetiche emerse dagli abissi dei versi, insieme al ricordo di un bell’incontro.

La poesia è un percorso, è prendere le misure con il mondo. Poesia è ricerca.

Così, presi per mano dai precedenti poetici dell’autore, arriviamo a Un posto per la buona stagione.

“Il sonno della materia” è la prima sezione di un libro che non è una raccolta casuale: è un percorso, una compattezza di senso.

Si parte dal vuoto, dalla ferita, dall’impatto avvenuto, dall’àncora della corporeità malata, da una terra che accoglie il seme e lo prepara per l’estivo frutto.

Da quelle “ferite che faticano a rimarginarsi”, come scrive Fabio Franzin in prefazione.

Si va dalla ferita alla fasciatura, al dolore interiorizzato, all’esperienza personale, vissuta tramite il corpo.

La carne è un tramite col mondo, un modo “alto” di esperirlo.

Ma anche la volontà di sanare le ferite, più che di guarirle, di “sintonizzarmi alla primavera/ reimparare il vagito”, citando l’autore.

In attesa della “buona stagione” di cui si parla nel titolo.

Non mancano i richiami religiosi, la Resurrezione, la sacralità delle ossa, la liturgia di “Te lucis ante”, che rimanda alla seconda sezione: la “Domesticazione della notte”: qui il vuoto comincia a riempirsi di parole, di poesia.                                                                           La notte è come “veglia”, lucida e piena, portatrice di sogni, di sensi… e di senso. E, nel sonno, il risveglio.

Ma, nelle parole del poeta: “è troppo poco lo spazio tra l’osso e l’erba.

E allora arriva la terza sezione: “De Consolatione”, l’amore, il congiungimento, la primavera, forse. La carne – incontro di anime -, come modo “alto” e “profondo” di sperimentare il mondo.

Un percorso dal vuoto al pieno. Ma anche dal radicamento a sé stessi a quella libertà che si trova nel momento in cui si trova, si corteggia, si ama l’alterità.

Ma ora voglio far parlare la poesia, una su tutte. Invitando alla lettura.

Tu mi dicevi che ognuno di noi

è il caso particolare di un destino anonimo

un exemplum della speciazione

io rispondevo che la vita in fondo

è un serbatoio di metafore inerti

e che esistiamo solo quando lo diciamo

ma entrambi sapevamo di essere innamorati

che l’amore neutralizza i plurali

i nomina universalia

e che la vita è più importante della morte

perché è più breve.

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un momento della presentazione

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